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Ultimo aggiornamento: 16/04/2010


In molti pesci che respirano ossigeno atmosferico, come nei gobidi oxudercini, la capacità di respirare sia in acqua che in aria (respirazione bimodale) sembra essere un adattamento a basse concentrazioni ambientali di ossigeno (ipossia) ed alte concentrazioni di anidride carbonica (ipercarbia o ipercapnia) (Graham, 1997; Horn et al., 1999; Ultsch, 1996). Tali adattamenti consentono a questi pesci di vivere in acque a forte inquinamento organico.

Diverse specie non imparentate di gobidi (per es. Typhlogobius californiensis, Gillichthys mirabilis) sono in grado di respirare efficacemente in acque ipossiche. Al contrario, saltafango anfibi come Periophthalmodon schlosseri o Periophthalmus barbarus sono scarsamente adattati alla respirazione acquatica in queste condizioni ed evitano di esporsi allo stress ipossico attraverso la respirazione aerea (Aguilar, 2000).

Tali adattamenti comportamentali e fisiologici possono essere molto efficienti. Persino le specie relativamente più acquatiche di oxudercini possono essere molto abbondanti in acque pesantemente inquinate da sostanze organiche (per es. Pseudapocryptes elongatus: Takita et al., 1999).

Tutti i gobidi oxudercini sono scavatori che penetrano profondamente in substrati fangosi privi di ossigeno (anossici) ed ipercarbici, come la maggior parte delle specie di gobidi ambliopini, cui sono probabilmente strettamente imparentati (Thacker, 2003; Akihito et al., 2000; vedi anche Sistematica e biogeografia). Tali sedimenti sono caratterizzati da un basso potenziale redox e da alti livelli di composti ammoniacali, di fosfati solubili e di solfuri acidi (per es. suoli di foreste a mangrovie: Hogarth, 1999). Queste stesse condizioni si ritrovano all’interno delle tane sotterranee (Ishimatsu et al., 2000).

D’altro canto, fuori dall’acqua si realizzano brusche ed estreme variazioni delle condizioni ambientali, come quelle dell’umidità relativa dell’aria, della temperatura dell’aria e del suolo, e della salinità dell’acqua capillare (Macintosh, 1977).

Anche senza prendere in considerazione la maggiore variabilità delle condizioni ambientali terrestri rispetto a quelle acquatiche, in mancanza di adattamenti specifici rimanere fuori dall’acqua è un’ardua sfida per un pesce.

Solo per citare alcune delle conseguenze dell’emersione: il collasso e coalescenza dei filamenti branchiali ed il conseguente aumento della resistenza vascolare; la drastica riduzione del tasso di eliminazione della CO2 e la conseguente acidosi; l’accumulo di composti azotati tossici a causa dell’empasse dei meccanismi escretori; ed infine la disidratazione, i cui effetti ricadono su tutti questi processi (Graham, 1997; Martin, 1996; Ultsch, 1996).

 
oxygen in burrow


Cambiamento della PO2 (= pressione parziale di ossigeno) all’interno delle tane di Periophthalmodon schlosseri. Modificato da Ishimatsu et al., 2000, con il permesso del primo autore e della Penerbit, Universiti Sains Malaysia



opercular pouches

Organi per la respirazione aerea ('Air Breathing Organs': ABOs) di Pseudapocryptes lanceolatus. A: vista ventrale della testa, pinne pettorali e pelviche; le linee tratteggiate indicano l’estensione delle tasche opercolari espanse. B: vista sagittale del sistema circolatorio opercolare (le frecce indicano la direzione del flusso sanguigno). Modificato da Graham, 1997, con il permesso della Elsevier.

 

Se gli adattamenti alla vita anfibia delle specie più terrestri di saltafango (per es. Periophthalmus spp.) sono i più spinti fra tutti i cordati acquatici viventi, gli adattamenti alla respirazione aerea sono relativamente semplici e poco efficaci quando vengono comparati con quelli di altre specie dulcacquicole che respirano ossigeno atmosferico (per es. quelle appartenenti alle famiglie Electrophoridae, Anabantidae e Belontiidae). Ciò nonostante, queste ultime specie, pur essendo in grado di respirare con efficacia in aria, sono perlopiù completamente aquatiche e solo in alcuni casi presentano rudimentali comportamenti anfibi, emergendo da acque inquinate o sovraffollate per spostarsi in corpi d'acqua con migliori condizioni ambientali (Graham, 1997; Graham & Lee, 2004).

Al contrario, i gobidi oxudercini non sono dotati di ABO ('Air Breathing Organs': organi per la respirazione aerea) particolarmente complessi: è questa una regola generale per tutti i pesci marini che respirano in aria, inclusi i pesci anfibi 'saltaroccia' (rockskippers: Blennidae; Martin & Bridges, 1999) ed il ciprinodontide neotropicale Rivulus marmoratus (Davis et al. 1990; Grizzle & Thiyagarajah, 1987).

Le poche specie di gobidi oxudercini i cui ABO sono stati studiati e descritti utilizzano in aria per la diffusione dei gas respiratori gli stessi tessuti che utilizzano in acqua: la mucosa bucco-faringea, la membrana opercolare, la cute della testa e del corpo (respirazione cutanea), e le branchie (Graham, 1997).


labirinth


La complessa struttura altamente derivata dell’ABO di un pesce d’acqua dolce completamente acquatico: l’anabantoide Osphronemus sp.
Vista laterale: S= camera suprabranchiale; L= labirinto; G= branchia; O= opercolo. Modificato da Graham, 1997, con il permesso di Elsevier.

 


Queste strutture sono spesso il risultato di compromessi adattativi. Per esempio, gli stessi tratti morfologici che permettono alle branchie di queste specie di ridurre la perdita di acqua e contrastare la forza di gravità fuori dall’acqua (Low et al., 1990), ne riducono considerevolmente l’efficienza in acqua, specialmente in condizioni di ipossia ambientale.
Ciò aumenta ulteriormente il valore adattativo del comportamento di emersione e della respirazione cutanea (Martin & Bridges, 1999; Aguilar, 2000).

Altri possibili siti per gli scambi gassosi respiratori sono la cute altamente vascolarizzata delle pinne pettorali e dell’esofago (Milward, 1974). Si noti che al contrario di molte specie d’acqua dolce dotate di complessi ABO, l’eliminazione della CO2 non sembra essere un problema per i gobidi oxudercini e gli altri pesci marini con comportamenti anfibi, grazie alla maggiore estensione delle loro superfici respiratorie (Martin & Bridges, 1999).



Diverse specie di gobidi possono tenere bolle d’aria nel cavo orale mentre sono in acqua (AG= 'air gulping': inghiottire aria; Gee & Gee, 1995). Le specie di saltafango più terrestri (Periophthalmus e Periophthalmodon spp.) lo fanno anche quando emergono, sigillando le camere opercolari per mezzo di una specifica valvola ventro-mediale (Sponder & Lauder, 1981; Clayton, 1993; Martin & Bridges, 1999; Graham, 1997). Fuori dall’acqua queste specie respirano attraverso la cute e le mucose del cavo oro-bucco-faringeo; in acqua, dove l’assorbimento dell’ossigeno è meno efficente, fanno uso sia della respirazione cutanea che di quella branchiale (Clayton, 1993; Ishimatsu et al., 1999; Takeda et al., 1999).
Al contrario, le specie più acquatiche, come quelle appartenenti ai generi Boleophthalmus e Scartelaos, sono dotate di strutture per la respirazione aerea meno derivate (Kok et al., 1998) e di una maggiore superficie branchiale relativa (Low et al., 1990; Milward, 1974); riescono perciò a respirare con maggiore efficienza nel mezzo acquatico, utilizzando soprattutto le branchie.

L’enigma della lunga permanenza all’interno dei cunicoli durante l’alta marea, in condizioni ambientali perlopiù anossiche, è stato svelato solo di recente. Diverse specie di oxudercini trasportano bolle d’aria in camere speciali delle tane sotterranee, all’interno delle quali mantengono una fase aerea (Ishimatsu et al., 1998; 2000; Lee et al., 2005). Il comportamento di scavo sembra dunque un pre-adattamento che ha reso in grado gli antenati dei saltafango di risolvere entrambi i problemi dell’emersione periodica del substrato e dell’ ipossia ambientale in habitat intertidali.

Alcune di queste specie sono anche in grado di rallentare il consumo di ossigeno in acqua, iniziando a produrre acido lattico solo dopo diverse ore di esposizione a condizioni ambientali ipossiche (Ip et al., 1990; Ip & Low, 1990).

Periophthalmodon schlosseri e Pn. freycineti (gli unici due casi noti fra tutti i pesci) rallentano il battito cardiaco (bradicardia) durante un’immersione forzata, accelerandolo (tachicardia) quando riemergono, in maniera non dissimile da quanto osservato nei mammiferi marini in apnea (sindrome bradicardica da immersione: Costa, 1999; Ishimatsu et al., 1999; Kok et al., 1998; Garey, 1962). Di fatto, Pn. schlosseri sembra incapace di ripagare un debito metabolico di ossigeno mentre è immerso, poichè non riesce ad aumentare significativamente l’assorbimento di ossigeno sott’acqua (Takeda et al., 1999).

expanded pouches

Periophthalmodon schlosseri (vista dorsale) con una bolla d’aria nel cavo oro-bucco-faringeo (si notino le tasche opercolari espanse). L’esemplare è parzialmente ricoperto da un sottile strato d’acqua. Da discover.com

expanded pouches

Periophthalmodon schlosseri in una camera con respirometro, in cui è possibile misurare l'assorbimento di ossigeno e la produzione di CO2. Foto: Florian Borutta (2006), con permesso dell'autore




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